Pubblicato da: pensieriinutili | aprile 9, 2013

Storia di un investimento

“Oohhh!” fanno i figli di Gogò dallo schermo di Skype, alla vista del batuffolo lungo 20 cm che il padre gli mostra sorridente. “E questo?” chiedono.Image

“Questo è…l’ultimo investimento” risponde Gogò con il vocione da baritono che la natura gli ha regalato.

“In che senso?”

“Nel senso che PI lo ha investito. Con la macchina…”

Per quanto suoni un po’ truculenta, la cosa è andata proprio così. Una sera di dicembre PI stava   tornando  dal lavoro. Improvvisamente (come sempre accade), dal nulla era sbucato qualcosa di tondo e maculato che si era lanciato sulla strada, attraversandola a razzo. PI aveva detto nooo! e subito aveva frenato ma quel qualcosa, a giudicare dal tonfo, doveva aver sbattuto sul parafango intriso di fango.

Presa dal panico, aveva accostato, era saltata fuori dalla macchina ed era corsa verso la cosa bianca e nera che, stesa in mezzo alla strada, si muoveva debolmente. Alla luce dei fari, PI aveva scoperto che la cosa era un gattino e aveva detto nooo! un’altra volta. Aveva continuato così, a ripetere noooeorachefaccio? come una scema, lì in mezzo alla strada, dondolandosi come un metronomo fino a quando due gentili signore, mosse a compassione, o forse incuriosite dallo strano caso di metronomo cantilenante, si erano fermate, suggerendo di portare il ferito alla clinica veterinaria.

Elementare, no? Elementare, ma PI è negata per gli investimenti. Le due signore le erano sembrate un intervento divino e finalmente s’era sbloccata. Da metronomo-nenia si era ritrasformata in umanoide. Aveva raccolto il gattino e l’aveva portato dal veterinario.

Il Paperella (una vocazione annunciata…) aveva diagnosticato un trauma cranico e poi aveva chiesto “che vuoi fare?” che, tradotto, significa “te lo tieni e paghi il trattamento o lo consegno al gattile dove l’accoppano? “.

E così è come il batuffolo bianco e nero è entrato a far parte della famiglia di PI, con il nome niente pretenzioso di DaVinci. Al ritorno dal veterinario, PI, Gogò e La Pargola, con il tipo peloso di venti centimetri accoccolato in grembo, avevano discusso il nome. Almeno, questa era stata l’intenzione.

“Io lo chiamo DaVinci. Voi fate un po’ come vi pare” aveva sentenziato Gogò, motivando poi la democraticità della sua scelta con una tesi di sincronia onomastica: “Bè, con un cane che porta il nome del Sommo, mica lo possiamo chiamare Fuffi o Fiffi o tutti quegli stupidi nomi da gatto, no? E poi lo sapete che io con i nomi…”.

PI e La Pargola lo sanno. La memorizzazione dei nomi di Gogò non segue canoni tradizionali . A meno che uno non si chiami Torquo o Gisleno (casi conosciuti: due) il suo cervello registra il primo nome che gli passa in quel momento per la testa. Le ragioni di questi ribattezzamenti sono un mistero anche per Gogò, la cui rubrica è piena di Maurizi che si chiamano Massimo, Francesche che tutti gli altri chiamano Isabella e una serie variegata di soprannomi come Spadino, Il Bianco, Il Bazzoni, Il Pancino.  Insomma una cosa è certa, la mente creativa e vulcanica di Gogò scheda correttamente solo l’originalità. Tutto il resto è da rifare.

A volte, nella scia dei nomignoli salva-memoria-difettosa, ci capitano pure famigliari e quadrupedi, cui Gogò riserva una gamma affettuosa e fantasiosa che va da Patacca, Brenzi e Biondo a Bellinetti, Cichirichi e Giampiero. Quest’ultimo con funzione Unisex.

Consapevoli di questa caratteristica, PI e La Pargola avevano pertanto rinunciato a qualunque  contestazione  che, a conti fatti, avrebbe portato solo ad una crisi d’identità del giovane felino.

Con il tempo, il suddetto felino si è poi meritato il secondo nome di Giggino Baffòn, per la sua abilità di parare gomitoli di lana a forma di palla e pantofole, garbatamente tirate dai bipedi di casa per scoraggiare graffio-rosicchiamenti di tende e tappeti e che l’impavido Baffòn, ritto ma agile sulle zampe posteriori, afferra con maestria per poi rimuoverle dal suo campo d’azione e continuare a graffo-rosicchiare indisturbato.

In principio, il Sommo e l’Egizia non hanno gradito l’arrivo del botolo maculato. Il Sommo perché ha il sacrosanto terrore di tutto ciò che è piccolo, l’Egizia perché ha il sacrosanto disgusto di tutto ciò che è umano o animale, ad eccezione del Sommo.

Ma il piccolo DaVinci ha presto imposto ad entrambi un regime di giocosa condivisione degli spazi. In barba alla manifesta riluttanza, i due sono diventati l’oggetto preferito di pedinamenti e agguati, toccate e fughe, annidamenti  in code canine dal pelo lungo e invitante, salto ad ostacolo (sul muso perplesso del Sommo); costretti a ritirarsi in anfratti remoti per sfuggire alle folli corse di un DaVinci vestito di canottiere e calzini rubati agli stendini d’inverno. (S)Travolti dalla sua carica esplosiva, Il Sommo e l’Egizia sopportano con la rassegnazione di chi ha comprovato la propria impotenza. Ringhiate, abbaiate, soffiate minacciose ed esibizione di artigli acuminati non hanno sortito alcun effetto. DaVinci non conosce paura.

Ma questo si è capito dopo, quando anche gli umanoidi della famiglia avevano capitolato al suo fascino. Il furbo ha infatti mostrato da subito il suo lato migliore, riservando quello meno nobile a tempi più maturi. A paragone con i colleghi  -l’uno ringhioso e poco incline alle relazioni umane, l’altra sfuggente e acidula per principio-  la sua natura allegra e affettuosa ha trovato terreno fertile per una facile conquista.

Dal canto suo, PI gli ha spiegato più volte che l’investimento non è stato un omicidio premeditato, che lei mai nella vita e lui, felinamente disteso, ha sempre ascoltato attentamente, abbandonandosi poi ai grattini di rito con una fiducia negli umanoidi che per un “investito” è parecchio rimarchevole. O parecchio incosciente.

Un giorno, alla fine di una di quelle spiegazioni, accompagnate dalla speranza del perdono, l’ha guardata dritta dritta negli occhi, ha steso mollemente la zampa verso di lei e PI ha capito. Quel benedetto incidente non è stato casuale. Lei, DaVinci, nella sua vita, l’ha già incontrato.

Pubblicato da: pensieriinutili | gennaio 9, 2013

Quest’anno…

ImageDi solito, quando i pensieri inutili si infittiscono, si aggrovigliano e si attorcigliano intorno ad un filo labile e sottile che si rompe anche con un respiro, PI si allontana dal mondo. La stagione propizia, di solito, è la primavera ma quest’anno,  forse a causa del riscaldamento globale o perché in primavera dovrà riprendere il suo lavoro di marzo che le atrofizza la girandola, l’astrazione di PI è cominciata in autunno, che per lei è già inverno.

I pensieri inutili sono faticosi. Come le disgrazie, arrivano tutti insieme e  si insinuano in ogni angolo e, incuranti della vita che scorre, reclamano piena attenzione. Per quanto si sforzi, PI non riesce ad ignorarli né a organizzarli senza perdere il contatto con la vita che scorre.

Idealmente, si trasferirebbe in una torretta a vetri, in cima alla casa, circondata da libri, computer, tavolette di legno da levigare e decupare – arte in cui PI si diletta maldestramente- e colori acrilici, lontana da ogni pensiero utile e via dalla pazza folla.

 Idealmente assai perchè una casa con la torretta a vetri PI non ce l’ha.  “ Te la costruisco io ” dice sempre Gogò “ e ci metto anche uno di quei portavivande che va su e giù così non devi neanche scendere per mangiare”, e PI finge sempre di crederci. Le piace pensare che, prima o poi, sul tetto della casa, ci troverà Gogò che dà gli ultimi tocchi alla torretta dei suoi sogni.

 Nel frattempo, ignaro dell’habitat naturale di PI, il groviglio dei pensieri inutili l’avvolge comunque e dovunque. Così ,anche quest’anno, se non di più, PI s’è accorta che era natale tipo verso il 23 dicembre. Più precisamente il giorno in cui è andata al centro commerciale per fare la spesa e si è trovata di fronte una folla indistinguibile di gente e orsi polari parecchio bruttini, e luci argentate che difettavano per eccesso di luce e di argento.

Travolta dal mondo natalizio che nasce e cresce a prescindere da lei, PI ha concluso che  a meno che uno non viva a Londra, forse a New York, sicuramente a Parigi, le decorazioni e l’atmosfera natalizie sono un cazzotto in faccia più che un preludio festoso all’arrivo del Babbo più amato del globo.

 “Vabbè ma un po’ di entusiasmo però! Ecchecavolo!”,  LaSorellaMedia, invece, quest’anno ha deciso  che il Natale è bello e gaio. Al centro commerciale, mentre PI osserva perplessa la bruttura degli orsi polari all’ingresso, lei, novella fatina del Natale, si produce in saltelli e gridolini per incoraggiare la full-immersion de LaPorpi nell’atmosfera natalizia cui è stata indotta e introdotta per la prima volta nella sua vita. Effettivamente, quando si vive nella fanga invernale, in mezzo ai campi , dove nel buio silenzioso del tardo pomeriggio si stacca, lontana, qualche timida lucina intermittente, lo spirito della festa va un po’ cercato.

Certo, la ricerca richiede un minimo di sforzo ma quest’anno LaSorellaMedia, si è assunta l’onere –non esattamente richiesto- di estendere a tutta la famiglia l’euforia del magico Natale e ci si è buttata, in questo compito, con grande determinazione e spirito di abnegazione.  Poco male che fino all’anno scorso il Natale le faceva schifo e che due anni fa aveva annunciato che lei manco l’albero avrebbe fatto tanto le faceva schifo il Natale.

Ma quest’anno, che c’entra. Quest’anno, saltella elettrizzata , lei vede il natale con gli occhi de LaPorpi. E con il grazioso intento di farlo vedere pure al resto della famiglia invita tutti a “un po’ di entusiasmo però! Ecchecavolo!” un momento sì e l’altro pure, sbuffando polvere di stelle in faccia a chiunque osi distrarsi dalla meravigliosa meraviglia del natale o accampi giustificazioni di miopia perché il natale lo vede con gli occhi propri e non con quelli de LaPorpi.

La quale Porpi come lo veda sto’ benedetto natale non è dato di sapere. A parte “abbolonatale” e qualche altra parolina associabile a Babbo Natale, ma anche no, non si è mai espressa apertamente sull’argomento. 

Per contro, sua madre, investita(si) ,come detto, del ruolo di fatina del natale, sull’argomento non si risparmia (e nemmeno risparmia),  coinvolgendo lo stesso Babbo Natale al quale chiede se per favore, quest’anno, la sua famiglia può mostrarsi un po’ più ilare e un po’ meno insofferente  o quantomeno mantenere un tasso di trucidume a livelli più accettabili , chiedendo, di fatto, l’impossibile oppure ,nella migliore delle ipotesi,un’altra famiglia. Preferibilmente e ove possibile, composta da elfi e folletti.

Ma, si sa, il ruolo della fatine del natale non si limita alla mera divulgazione del gaio spiritello né tantomeno alla  semplice  stesura della letterina, tutto sommato prevista dai requisiti del lavoro. Proprio no. Una fatina come si deve ha il doveroso compito di fondare e gestire il Collettivo BN (Babbo Natale) 2012.

 In anni precedenti, cioè in assenza di una professionista del settore, il collettivo si era formato spontaneamente, più o meno democraticamente, più o meno a 7 giorni dall’ora X. Constava dei vari membri della famiglia di PI e si occupava di individuazione e acquisto regali per gli under18. Gli over, causa crisi galoppante e strascichi di ataviche ristrettezze , non beccavano- e continuano a non beccare- un tubo. Manco il pensiero.

I membri del Collettivo solitamente scambiavano alcune brevi ed essenziali telefonate per verificare le richieste. Le telefonate andavano più o meno così:

 “che vuole LaPargola (o chi per essa) a natale, lo sai?”

 “eh no, ancora no”

“ma non ha fatto una lista?”

“eh no, ancora no”

“vabbè allora quando la fa mi fai sapere”

 Va da sé che per quando LaPargola, o chi per essa, aveva fatto la lista era quasi la Befana…

  Ma quest’anno  è andata diversamente. Il Collettivo BN versione 2012 ha avuto l’insperata fortuna di pregiarsi delle competenze di un’esperta, soprattutto nel dipartimento BN-LaPorpi.

Con buon anticipo, LaSorellaMedia -fatina-manager si è assunta l’ulteriore incarico di Presidente del Collettivo, chè qualcuno dovrà pur mettere in riga quella  banda caotica dei  trucidi famigliari. E così, cataloghi e decaloghi regolamentari alla mano,  delibera, commissiona, indica punti vendita, segnala siti, controlla quotidianamente se il work è in progress e, se non lo è, si informa tosto delle problematiche insorte per poi analizzarle in tempi record e suggerire strategie.

 La caotica banda di trucidieinsofferentialnatale non può che accogliere con gioia l’intraprendenza de LaSorellaMedia. Sai che sollievo non dover scegliere quale regalo fare? ( a ognuno ne è stato assegnato uno e quello deve essere), o… sai che bello non  dover cedere alla tentazione di comprare qualcos’altro?  Una vera goduria. Di questo  discettano sollevate le donne della banda quando riescono a comunicare tra loro. Quando cioè non sono al telefono con LaSorellaMedia che controlla il work in progress…

 Una fatica improba ma alla fine tutto si incastra e il bilancio torna. LaPorpi avrà la cucina, la bambola, la pista delle macchinine, i pennarelli e l’arca di Noè.  Tutto come predisposto. Quando si vede il natale con gli occhi de LaPorpi, stilare la lista dei regali è un gioco da ragazzi.

 Succede poi che qualche giorno prima dell’ora X, quando la lista è stata completata e ogni flebile tentativo di ribellione dei membri del Collettivo è stato stroncato, nella cucina de LaMadre, PI chiede a LaPorpi se a scuola (leggi asilo nido) hanno scritto la letterina di natale. Mostrando di aver capito perfettamente il tema della conversazione, LaPorpi  fa un entusiasta cenno di sì con la testa .

“Ah bene! E anche tu l’hai scritta?”. LaPorpi,sorridente, fa di nuovo sì’ con la testa.

“E quali regali vuoi per natale?” insiste infima sua zia.

 “Gufi!” decreta soddisfatta LaPorpi, con grande sicumera, nel pieno possesso delle sue facoltà mentali e visive.

“Cretina” sibila la fatina tra i denti mentre LaMadre e PI si sganasciano dal ridere sul tappeto.

 

 

 

 

Pubblicato da: pensieriinutili | dicembre 19, 2012

Full-combat

basta-mafaldaOgni anno PI è costretta a presenziare a due sessioni di full-combat. La prima è a dicembre, tanto per ammazzare ogni timido germoglio di spirito natalizio e per rinverdire dubbi ancestrali se effettivamente  la madre degli imbecilli sia sempre incinta.

Il giorno prima della suddetta sessione, LaPargola segnala alcuni punti chiave manco fosse la direttrice della Rai che istruisce un’inviata alle prime armi mezzo rimbambita: “allora, questa è la lista. Ti ho evidenziato in giallo quelli miei… e..uhm..ora ti evidenzio in blu quelli che è inutile che ci parli”.

“No grazie. Va bene così. Magari quello lo decido io…”  PI mostra sempre gratitudine per le premurose attenzioni de LaPargola, ma ci tiene a conservare un margine di autonomia decisionale. Non fosse altro perché ogni tanto è opportuno ristabilire uno straccio di ruolo genitoriale.

Le sessioni di full-combat , che le istituzioni si ostinano a definire “incontri” o “colloqui con i professori”, sono regolate da 3 precetti essenziali:

  • favorire il primato dell’interesse individuale  a scapito, ove possibile, degli altri partecipanti
  • essere fisicamente allenati al combattimento corpo a corpo secondo i sani principi dello sgomito ergo sum
  • mostrare maturità spiritual-religiosa: gli ultimi non saranno mai primi ma sempre e solo emeriti cretini.

Un unico obiettivo accomuna la fascia degli eletti dei full-combat: entrare per primi, costi quel che costi.

Ogni anno PI, nel recarsi al luogo convenuto, porta con sé la memoria degli incontri albionici: lista all’ingresso con nomi, cognomi  e relativi orari di appuntamento –precedentemente convenuti e messi per iscritto- sessioni di massimo 5 minuti-orologio-alla-mano, tutti seduti serenamente in attesa del proprio turno a discorrere civilmente della scuola, degli insegnanti, dei propri figli. Un sistema fiscale sì, ma che funziona divinamente.

Quella memoria, insieme alle trascorse esperienze nel BelPaese -che in nulla rimandano al significato della parola “incontri”- aiuta PI a prepararsi psicologicamente alla nuova sessione per la quale è costretta a spogliarsi dei panni di Alice nel paese delle meraviglie e ad  indossare quelli del lupo cattivo.

Anche questa volta, acquisite le nuove sembianze, si avvia al full-combat dicembrino. Arriva alle 14.50. L’inizio delle colluttazioni è previsto per  le 15.00.

Giunta al portone è già una iena ringhiosa; scorre i nominativi sulla lista a scopo individuazione aule preposte, se li dimentica, maledice l’arteriosclerosi incipiente, si incavola, ringhia come una iena ringhiosa, ricomincia a leggere e poi decide di andare per piani. Colloquierà prima con i professori del primo piano e poi procederà con l’ascesa ai piani superiori. E che Dio gliela mandi buona.

Sbuffando come una locomotiva, raggiunge la porte della prima aula. Fuori, l’arena è già in pieno fermento. Gli hooligans non reggerebbero il confronto, ne uscirebbero cornuti e mazziati, come si suol dire.

I gladiagenitori sono una razza feroce.  Accalcati davanti alla porta, appiccicati gli uni agli altri,scalpitano come cavalli in corsa per la vittoria e sgomitano a destra e a manca per mantenere viva la carica adrenalinica. Come da consueta strategia, creano una cortina di ferro davanti alle porte delle aule in modo da rendere  impossibile tanto l’entrata quanto  l’uscita e da occultare la vista a chi,incautamente, arriva un po’ dopo.  “Chi è l’ultimo?” ruggisce PI grifagna. I lupi cattivi ruggiscono e grifagnano. Mica cotiche. Una guerra è una guerra. I gladiagenitori riconoscono subito chi non appartiene alla loro specie.

Da dietro il muro (dis)umano dei gladiagenitori si leva una voce: “signora, deve scrivere il suo nome sulla lista. Quest’anno pare ci sia un abbozzo di organizzazione”.

“Ohibò!”, esclama PI sbalordita, “ma veramente? E chi è l’autore di questa genialata?” aggiunge acida -affinchè non traspaia il velo di speranza che la renderebbe umana e dunque vulnerabile- spintonando energicamente per vederla questa lista dei nomi sulla porta che, porcod’undincibacco, è proprio lì.

Cioè, c’è un foglio tutto bianco con degli scarabocchi a penna al centro e delle formichine nere in alto. I lupi cattivi senza occhiali e dall’alto della cortina di ferro non riescono a distinguere un carattere stampato da una formichina nera.  Però è grata lo stesso per questo passettino verso il comune senso del civismo. Ora che ha sgomitazzato di brutto vede anche da quale gladiagenitore è venuta la rivelazione. È il tipetto che al full-combat precedente, incollato allo stipite della porta –e non per problemi di fatiscenza – col fiato già all’interno dell’aula, scriveva “sei come una stella nella notte. Ringrazio ogni giorno il cielo che t’ ho incontrata” sul suo iPhone luminescente. Pi  lo ha visto perché era, a sua volta e suo malgrado, incollata a lui e lo sovrastava leggermente in altezza. Mica per altro. Da quel full-combat è passato un anno,ricorda. Chissà se la stella brilla ancora nella notte o è già precipitata a 2000 metri sotto il cielo…

Ma chi vuoi che se ne freghi, tuona il lupo cattivo. Scrivi il tuo nome, demente! Cavoli, il nome. Giusto. Meno male che il lupo c’è. Ci sono anche 4 sedie libere. Oddio,in verità  le sedie sono 4 in tutto ed è strano che ora, con questo sistema infallibile di turni ufficiali,nessuno abbia pensato a sedersi ma, animata da buoni e civici propositi, PI ne occupa una. I cambiamenti richiedono del tempo per assestarsi. Bisogna dare l’esempio.

Vedrai, si dice fiduciosa, che tra un attimo saranno sicuramente tutte occupate. Ci sarà un bel clima rilassato e si scambieranno 4 chiacchiere…PI scoprirà finalmente chi sono i genitori dei compagni de LaPargola, scambierà 4 chiacchiere con loro sulla scuola,sugli insegnanti, sui propri figli; saprà finalmente i loro nomi…è già lì che si bea del trionfo del bene sul male quando la consapevolezza della sua inettitudine l’assale:  come farà a sapere quando è il suo turno? Sulla lista ci sono i nomi, mica le fotografie. A chi diamine corrispondono quei nomi? Prima di lei c’è una certa Pagliacci. Quale cavolo è?

Si sta in piedi, incollati gli uni agli altri, scalpitando come cavalli in corsa per la vittoria, col fiato mezzo nell’aula e mezzo sulle facce arcigne degli avversari. Ecco come si fa. Perché, in teoria, chi esce dovrebbe cancellare il suo nome in modo che il successivo sappia che è arrivato il suo benedetto turno. In pratica, nessuno cancella un tubo chè il primato dell’interesse individuale è la regola numero uno. Anzi, tutti fuggono precipitosamente dall’aula dopo 25 minuti di colloquio tanto-io-faccio-in-fretta per raggiungere la postazione successiva in tempo. E al diavolo tutti i fessi che sono in attesa.

Ovvio, solo PI non ci aveva pensato. I gladiagenitori hanno messo il loro autografo su TUTTE le liste di TUTTE le aule, lasciando i figli-monitor a supervisione delle varie file. Ogni tanto, lesto e agile come una lepre, si fa strada nella calca infernale qualche ragazzetto-monitor  trafelato e comunica la graduatoria al gladiagenitore “mamma, di là sei la terza, ti conviene andare…”. I più tecnologici comunicano con i cellulari tra un piano e l’altro. Altro che Lupo Cattivo. Qua ci voleva il generale Custer.

Due ore dopo, al terzo e ultimo piano, al buio, causa black-out “ma di tutta la zona,eh? Mica è un problema della scuola”, PI e altri 3 genitori sopravvissuti hanno boicottato l’infallibile sistema delle liste al grido di eh-ma-che-facciamo-i-fessi-solo-noi? Prima o poi si capitola ai precetti del full-combat.

I presenti, inclusa PI, sono 4 ma sulla carta ne compaiono almeno 15. Stanno trottolando furiosamente da un terzo ad un secondo posto di altre file, convinti come sono che l’aver apposto la loro firma 35 nomi fà dà loro il diritto di reclamare la precedenza una volta ricomparsi.

4 ore, 6 professori stravolti e un principio di gastrite dopo, PI ha maturato la tattica di combattimento che attuerà nella prossima sessione: indosserà i panni di Spiderman ed entrerà dalle finestre. Per prima.

 

 

Pubblicato da: pensieriinutili | dicembre 12, 2012

Mr Jones

Mr Jones , interpretato da un giovane Richard Gere, è mentalmente instabile. La sua dottoressa, un’altrettanto giovin Anne Bancroft, se ne innamora, corrisposta. Fanno cose, ma una ferrea etica professionale  induce la dottoressa Bancroft a rivelare l’accaduto scatenando la tragedia. Mr Jones si dispera, la dottoressa si tormenta. L’atmosfera , che già non era delle più ilari, si appesantisce.

“Secondo te come finisce?”, LaPargola sta passando in rassegna i libri e, ogni tanto, butta un occhio e un orecchio alla tivvù , informandosi su eventi e probabilità.

” Mah, vediamo… credo che le possibilità siano due. O si ritrovano e vivono felici e contenti ,o lui s’ammazza”.

“Noo!” esclama LaPargola “speriamo di no. Che tristezza!”

Ecco appunto, che tristezza. In verità PI c’è capitata per caso in questo film. Normalmente usa la tivvù come strumento di svago e guarda solo commedie o fiction(s). Fiction poi. Questa degli anglicismi è proprio una mania. Una volta  si chiamavano sceneggiati, e in famiglia, grazie alle distorsioni etimologiche della  Tzìa Sibilla, si conoscevano come sceMeggiati . Perché erano fatti e guardati dagli scemi.

Allora, gli scemeggiati erano effettivamente meno effervescenti delle odierne fiction. A dirla tutta, vi si consumavano drammi  inenarrabili ma era proprio questa  la loro forza. Finivano sempre bene, riconciliando l’uomo con l’altro uomo. Un’esperienza catartica che compensava il malumore generato dalla predilezione mediatica per l’Horror in tutte le salse. Si guardavano per quello, mica per sapere come andava a finire la storia.

Il GrandePadre, aborriva gli scemeggiati . Lui amava le scazzottate di Bud Spencer e Terence Hill (pre-investitura clericale), nonchè le sanguinolente sparatorie di John Wayne e affini. “Tanto è salsa di pomodoro”  diceva gongolante mentre il succo dell’ortaggio schizzava da cervello a cervello.

Incompreso, in questa sua goduriosa passione, da una famiglia a cui faceva ribrezzo anche la violenza al pomodoro, il Grandepadre si rifiutava categoricamente di lasciarsi purificare dalla catarsi delle passioni e dei sentimenti . Anzi, boicottava regolarmente chi, invece, ci si tuffava a cuore aperto.  Facile che, quando PI e LaMadre partecipavano intensamente alle tormentate vicende di  “E le stelle stanno a guardare” o della “Baronessa di Carini”, il Grandepadre facesse le sue apparizioni bofonchiando “Che polpettone!”o la variante  celeste di “Marò-che polpettone-Gesùgesùgesù” ,con gravi effetti sull’audio televisivo e sulle lacrime terapeutiche delle spettatrici.  Mai che ci si potesse struggere in pace.

All’eloquente spregio degli scemeggiati, il Grandepadre univa – e metteva generosamente a servizio di tutta la famiglia- un’animo da integerrimo censore che si esprimeva con interferenze ben più memorabili . A paragone, la legge sulla Revisione dei film è un’istigazione alla pornografia. Bastava il sentore di quei  baci, talmente casti che oggi fanno ridere, perché il Grandepadre , col naso fumante di sdegno,  borbottando incomprensibili borbottii,  si precipitasse fulmineo a cambiare canale. Tanto rapido era nella censura che a volte non si capiva cosa fosse successo:  un momento c’erano due tizi che si guardavano languidi, un nanosecondo  dopo era apparso un cazzotto. Per quanto PI non ne conservi memoria, Tornatore deve aver assistito ad uno di questi episodi.  La famosa scena dei “baci” che chiude magistralmente Nuovo Cinema Paradiso  non si spiegherebbe  altrimenti.

Cosa succedesse tra un divieto e l’altro resta ancora oggi un mistero che si accompagna al dolce ricordo di un’infanzia di film sbocconcellati. Forse per questo, alla visione di quella scena dei “baci”, PI si sciolse in un pianto catartico pieno di memorie.

Mr Jones urla e colpisce a pugni la porta della dottoressa. Arrivano  gli infermieri e lo trascinano via con la forza. I due vengono separati. Ommadonna. Un polpettone con tutti i crismi.

“ Vedrai che tornano insieme. È un film” dice  con presunto fare rassicurante PI che ci spera proprio che Mr Jones non si ammazzi, certa che anche la figliola, per quanto privata della cultura degli scemeggiati, preferisca i finali felici.

“Però…c’è una cosa che non capisco” fa una LaPargola improvvisamente riflessiva “doveva essere così onesta  la dottoressa ? Non poteva solo dire che si era innamorata e basta?”.

Effettivamente… rimugina PI, “ma tanto li avrebbero separati lo stesso. Uno psicologo non può avere una relazione sentimentale con un suo paziente” .

“Sì,sì,lo so…” taglia corto lei. È evidente che non è del codice di deontologia psichiatrica che si stanno gettando le basi. Qui c’è il pensiero autonomo di un giovane virgulto; un pensiero che dal profondo grigio della materia cerebrale sta per rivelarsi in tutta la magia della sua scoperta. Santa donna, sembra dire LaPargola con gli occhi, ma è mai possibile che ad ogni parola deve corrispondere un sussulto educativo? “ “Tu sei proprio un’insegnante dentro” le ha infatti detto una volta candidamente.

No no, avrebbe voluto dirle PI, io non sono un’insegnante dentro. Io HO un’insegnante dentro. È una tipa antipatica uguale uguale alla signorina Rottermaier (ma forse è la signorina Rottermaier) che condivide corpo e corteccia con me e mette continuamente bocca nelle nostre conversazioni ,giuro. Fastidiosa vero? Con quel suo fare da educatrice svizzera… Mai una volta che mi lasciasse la facoltà di esprimermi liberamente…  Ma PI non l’ha detto, chè una madre con lo sdoppiamento di personalità potrebbe comportare dei problemi seri.

“Il fatto è che…” continua una LaPargola  ignara della schizofrenia  materna “se avesse detto solo che si era innamorata di che la potevano accusare? Si è responsabili delle proprie azioni ma non si può essere responsabili dei propri sentimenti”.

“Uh signorina Rottermaier, hai sentito? E ora come la mettiamo ehhh?? Ah stai zitta ora, vero? VERO??”

Pubblicato da: pensieriinutili | dicembre 3, 2012

Un anno dopo. PI cambia casa e diventa apolide.

traslocoPI ha cambiato casa. Era un po’ che ci pensava. Da quando aveva cominciato a vedere i difetti della Puffa-abitazione. Le gocce di intonaco che piovevano dal soffitto, le scale traballanti, gli sbalzi termici tra una stanza e l’altra, i cumuli di polvere dai bordi non rifiniti dei pavimenti, l’acqua ballerina-orac’è-oranonc’è,  avevano perso il fascino di dimora d’epoca. La filosofia un po’ estrema di vita campestre e eco-solidale  ( soprattutto alle offerte di LIDL) di Peter Pan e l’AmicaAlex cominciava  ad essere troppo spartana per PI.

Anche LaPargola era pronta per una svolta. Educata nei principi del socialismo, aveva  espresso il desiderio di avere una casa Sua, con un giardino Suo , ben contenta che la fase del vivere comunitario della sua genitrice  fosse finalmente giunta al termine. Anche le madri attraversano fasi. Per fortuna poi passano.

Nella casa nuova ci sono sbalzi termici tra una stanza e l’altra, l’acqua orac’è-oranonc’è, ogni tanto casca un granello di intonaco dal soffitto e l’elettricità va e viene per ragioni ignote ma un anno fa si è presentata come l’occasione da non perdere.  Così PI si è accomiatata dalla puffa-casa e dalla fetta di vita ivi vissuta e ha iniziato una nuova fase  nella quale, nel frattempo,  è comparso Gogò.

Gogò è arrivato un giorno d’estate. E una sera, quando ha chiesto a PI  se le andava di fare un pezzo di vita insieme lei ha risposto che sì, le andava. A suggello dell’unione, gli aveva poi chiesto “sei sicuro” un milione di volte vaticinando , dati alla mano, che all’entusiasmo iniziale sarebbero subentrati  la noia e il disinteresse reciproco, imprescindibili anche un po’ di astio e di recriminazioni. Scientifica, gli aveva prospettato un graduale e penoso sfaldamento della relazione e un e vissero infelici e scontenti per il resto dei loro giorni. Romantica che manco Crudelia,  aveva discettato per giorni di statistiche sulle rotture sentimentali e deliberato che un anno massimo due la coppia scoppia. È un dato di fatto.

Ma, inspiegabilmente (ancora oggi), invece di mandarcela al terzo sei sicuro e di darsela a gambe levate, Gogò aveva accolto le nefaste previsioni di PI  con mille pazienti  sorrisi e altrettanti loquaci silenzi e la decisione del trasferimento -tutti e tre insieme appassionatamente- era stata tosto presa.  Il podere, carino,no? Il paesaggio, decisamente più bello dell’altro e sì, forse più isolato ma per  LaPargola, volendo, si poteva trovare un motorino di seconda mano per spostarsi .Ma LaPargola, interpellata, non aveva voluto manco per niente. Io non guiderò mai, aveva sentenziato.

(S)Concordato il tutto, nel bel mezzo dell’autunno, i tre si caricano dunque scatole e mobili in spalla e grazie allo scalcinato ma glorioso furgoncino di Gogò, se li portano alla casa nuova, nella Valle dei Sassi, dove non si vede un sasso manco col binocolo.

Come il Borgo di CDP, dov’è situata la puffa-casa, la Valle dei Sassi è all’interno della tenuta Le Croste che, in tutta la sua estensione, comprende CDP e CDL, entrambe parte del territorio umbro. La Valle dei Sassi però è a un tiro di schioppo da Chiusi-Brigadoon che si trova, invece, in territorio toscano. La nuova casa di PI & Co. è quindi  al confine tra due paesi e due regioni. Tanto per gradire.

Nella settimana prima della data prevista per il trasferimento ufficiale,  le mani d’oro di Gogò rifanno la cucina,  installano la stufa, imbiancano le pareti e riattivano il camino. PI dipinge cose inutili, decora oggetti di dubbia importanza, arreda non si sa bene cosa e dice continuamente “non ce la faremo mai”. Inspiegabilmente (ancora oggi), neanche questa volta Gogò ce la manda. Anzi, la rassicura che sì che ce la faranno, hai voglia! E, infatti, una settimana dopo, il trasferimento di cose, persone e quadrupedi (nella fattispecie il Sommo e l’Egizia) avviene in tutta la sua ufficialità e i due si recano alla Fazenda per la firma del contratto.

Ad accoglierli c’è  lo Sceriffo , l’addetto alla sorveglianza e a tutta un’altra serie di cose poco chiare. La trasparenza è concetto alieno alla Fazenda. PI e Gogò firmano un paio di carte e poi, tanto per essere sicuri chiedono: “ qual è l’indirizzo?”.  Lo Sceriffo li guarda un po’ perplesso, l’argomento non è di sua competenza. “Ah, boh?” , risponde infatti.

“Come boh? “ . “E che ne so io” dice lui, “chi ci va mai là…non è nemmeno proprietà delle Croste. Noi  il podere lo gestiamo solo. È di proprietà di una società.”

“Ah, ecco. E per scoprire dove abitiamo, tu quindi che suggerisci?” incalza PI.

“Boh? Di andare al Comune”

“E che ci dico io a quelli del comune: buongiorno io abito in un posto che non so qual è, me lo dite voi per favore?” . La situazione sfiora il ridicolo ma lo Sceriffo ritiene, invece, che essere apolidi di indirizzo sia assolutamente normale e lo verbalizza con un laconico “eh..”.

PI,però,  non è disposta a mollare: non lascerà la Fazenda senza il suo indirizzo! Di tutt’altro avviso è Gogò, il cui cervello è costantemente sintonizzato sulla funzione “trova soluzioni” e gentilmente, ma con fermezza, sospinge una PI blaterante verso l’uscita, salutando più o meno cordialmente lo Sceriffo.  A volte, nella vita, è meglio abbozzare.

Tra le vari soluzioni possibili Gogò elabora le seguenti strategie:

1)       chiedere a J.J, ora  vicino di casa. Lui lo saprà, ci abita da un po’ di anni. Sennò come riceverebbe la posta?. La riceve, si appura presto, a Via Valle dei Sassi 11. Ah, e ma dove sarebbero il  12,13…10? Sulla porta di casa nostra c’è il 36…”Ah, non so”, risponde J.J.” non l’ho mai capito. Ma il postino lo sa.”

2)      chiedere alla ex proprietaria, che vive di fronte, oltre la rete. “Località Rongazzo” sentenzia la signora Lucia. Quello è l’indirizzo. Almeno fino a quando ci viveva lei…20 anni fa…

3)      chiedere a Lancillotto, il baldo tuttofare delle Croste. “Viale Le Croste, 2”. “2???”. “Bè, l’altro appartamento è il numero 1….”. “Sì, ma…Viale Le Croste manco esiste!”

4)      andare al Comune.

Al Comune l’impresa è ardua. Come si fa a identificare una proprietà che ha al suo attivo 3 indirizzi tanto diversi quanto improbabili? Si fa che l’impiegato c’ha google maps con tanto di demarcazione del  territorio di CDL.  E si fa che i tre si lanciano in una ricerca serrata: “ è verso i vivai o verso le torri? Più a est o a ovest? Prima di Villavia? Ah, dove sono le case gialle? Ma quello è Rongazzo! Bene, siamo vicini. Di fronte? Uhm…”. Il cursore va avanti e indietro,  si muove da est a ovest e da nord a sud. “Aspetti!” esultano d’un tratto i due potenziali EX apolidi ”sì, quella è la strada! No, non deve girare. Continui dritto. Nonò, sta andando verso le torri…torni indietro…ecco sì, prosegua…eccolo! Quello è il podere. È proprio casa nostra!” strillano eccitatissimi i confermati EX apolidi dopo un’ora di circumnavigazione del globo.

E finalmente il cursore si ferma, l’impiegato guarda fisso fisso lo schermo e poi emette il verdetto: “sì, è territorio nostro ma è un po’ terra di nessuno”. “ E quindi…?” biascicano tremolanti i rinnovati apolidi. “ E quindi bisogna rintracciare il numero civico al catasto. Basta reperire il numero di particella” sorride il giovanotto incoraggiante.

“ E dove si reperisce il numero di particella?” sussurra PI, con le sue di particelle in frantumi. “Dal proprietario!” esclama allegramente lui, e aggiunge “così,quando venite con il numero di particella, facciamo anche il cambio di residenza e venite una volta sola, eehh??”. Un genio, questo giovanotto. Un vero stratega dei piccioni e della fava. È proprio il giorno fortunato di PI e Gogò, che ora c’hanno pure il problema della residenza. Apolidi a tutti gli effetti.

Ecco. Stè cose succedono solo qua. “Nonò”, la rassicura un conoscente statunitense messo al corrente della saga, “una volta, è successo anche a me. Vivevo in una stradina chiusa, vicino al Gran Canyon e pure quella era considerata terra di nessuno. Ebbi un sacco di problemi ad avere l’indirizzo”. Chi l’avrebbe mai detto. CDL e il Gran Canyon uniti dallo stesso destino.

Ripresosi dallo shock, un Gogò  leggermente adrenalinico dichiara la sua strategia  d’attacco “vado alla Fazenda, parlo col Boss” che, a dispetto del gemellaggio col Gran Canyon, non si chiama Bruce (purtroppo) “ e non me ne vado fino a quando non mi dà sto’ cavolo di numero. Vedrai che ce la faremo!”. “Sì, vinceremo!” esclama ormai isterica PI manco fosse al seguito del Comandante Marcus. Ma  è tardi per i ripensamenti . La rivolta degli apolidi è una realtà.

Una realtà dura ma siccome la fortuna aiuta gli audaci, dopo una serie di incontri, telefonate, va-e-vieni dalla Fazenda e un paio di vaffa tirati al vento per non compromettere le trattative diplomatiche, l’impavido Gogò ottiene il numero e pure l’indirizzo: “Via Valle dei Sassi, 20- Villavìa o Varano (a discrezione) CDL.

“20?” si meraviglia (ancora!) PI “ma sulla porta c’è il 36 e su quella del vicino Mariano –parecchio vicino- c’è l’1…”.

Anche LaPargola è in subbuglio. Finora ha comunicato 3 recapiti diversi ai suoi amici d’Albione e comincia a sentirsi un po’ zingara.

Ma Gogò ha smesso di interrogarsi e di interrogare: “al Comune risulta questo numero civico e questo ci dobbiamo tenere. E poi sono già stato al Comune 5 volte per il cambio di residenza, e , a proposito“ dice rivolto a PI” per LaPargola devi andare tu”. “E perché?” chiede PI che non si rassegna alla logica del nonsense. “ Non lo so. Non l’hanno specificato…” risponde infatti Gogò, che a quella logica ci sta facendo invece il callo. Sarà che vive in Italia da più anni…

Riluttante come un condannato alla ghigliottina, PI si reca una mattina al Comune e, come da protocollo, la perde (la mattina). La battaglia, quella no. È ancora tutta da combattere: “mi hanno detto che per il cambio di residenza di mia figlia dovevo venire io” annuncia PI all’impiegata.

“E chi è il campione che le ha dato questa informazione?”  fa lei, lanciando sguardi torvi alle colleghe che si piccano assai di essere guardate torvo. Non voglia mai che qualcuno faccia atto di vergognosa ammissione di colpa. Una di loro esclama: ”Ah, sì, adesso che ci penso, è venuto un signore per il cambio di residenza. È stato qui diverse volte”. L’impiegata pensa. È di buon auspicio. “Ma” dice guardando PI” non ha detto niente di sua figlia”. Errata Corrige: l’impiegata crede di pensare.

PI e la tipa che guarda torvo le colleghe (che deve essere la responsabile dell’ufficio) la guardano torve. “Cioè”  esordisce  torvissima  PI “lei sta dicendo che il signore, con cui io convivo da tempo sufficiente per conoscere i dettagli salienti della mia vita,è venuto qui a fare il cambio di residenza per 5 volte e per tutte e 5 le volte gli è passato di mente  che io abbia una figlia?”.

“E sì, signora, scusi eh,ma è ovvio. Se ce lo diceva, noi il cambio lo facevamo”.  Ah certo, sta per rispondere PI, e se ci mettevate la stessa cura che mettete nell’uso dei tempi verbali, adesso sicuro che oltre che apolidi eravamo pure senzatetto.

Ma prima che venga fuori il commento che potrebbe compromettere l’intera operazione e lasciare una LaPargola orfana, la fanciulla, ignorando lo sguardo al fulmicotone della responsabile,  pensa bene di rincarare la dose: “e poi lui ha detto pure che c’aveva figli sparsi per il mondo. Lo so perché gli ho chiesto se aveva figli che dovevano cambiare residenza e lui ha detto si figuri! Io ho figli sparsi per il mondo!  Me lo ricordo benissimo“ . Dunque, le possibili deduzioni sono 4:

1)      PI ha accettato di fare un pezzo di vita insieme ad un coniglio, travestito da umano per spostarsi meglio, con una spiccata attitudine alla procreazione universale che lo ha portato in giro per il globo a seminare progenie.

2)      A sua insaputa , PI ha al suo fianco un agente segreto, molto segretamente impegnato nella segretissima operazione ITNM, Incremento del  Tasso di Natalità Mondiale.

3)      Il signore dai figli sparsi per il mondo è, in realtà, una multiproprietà a costo zero. Vogliate condividere.

4)      PI è di fronte ad un caso non troppo raro di difetto di produzione.  Il collegamento tra registrazione, elaborazione e distribuzione dati della corteccia cerebrale dell’impiegata è inesistente.  Oppure è inesistente la corteccia cerebrale.

La responsabile fissa incredula la sottoposta e trattiene a stento un impeto assassino.  Quindi, si alza di scatto e sparisce. La sottoposta non raccoglie. Anzi, appare piuttosto soddisfatta del suo operato. Passeggiando a mo’ di modella per la stanza e frusciando compiaciuta la gonna, ne discute con un’altra dipendente che si guarda appagata le unghie laccate di recente e approva con energici cenni del capo. L’ufficio ferve di attività utili alla comunità. PI trattiene a stento un impeto assassino. La responsabile rientra.  ” Lei e il signor Gogò risultate a via Valle dei Sassi ma sua figlia risulta ancora al borgo di CDP” comunica.  Machedavèro?

A questo punto PI vorrebbe chiedere come e perché sia avvenuta la frammentazione del nucleo famigliare; come e perché nessuno si è accorto che madre e figlia minorenne hanno due diverse residenze; dove e di chi è l’errore e così via per chilometri di dissenso. Ma non lo fa. Lo sguardo della responsabile è fin troppo eloquente e le risposte finora ricevute fin troppo deprimenti. Quindi dice solo” Ah. E possiamo riparare prima che gli assistenti sociali mi accusino di abbandono di minore?”

Sì, risponde grata la responsabile, le faccio subito il cambio. LaPargola ne sarà felice, riflette PI. Verrà ricongiunta al nucleo famigliare formato da un tipo che semina figli e da una tipa che li abbandona.

Immagine: bakeca.it
Pubblicato da: pensieriinutili | febbraio 12, 2012

I giorni della neve

Bella la neve. Un giorno. Facciamo due, per spirito di tolleranza ed eccitazione da novità. Ma dopo due settimane di bianche coltri che, testarde e strafottenti, ricoprono i campi, i tetti, le tubature (gelando l’acqua), le macchine, i fili della luce (facendola saltare),  i secchi per raccogliere la cenere del camino, le scale del portoncino, le strade che portano al mondo, i rami spezzati e caduti, il Sommo (leggi cane) e l’Egizia (leggi gatta), PI e family ne hanno piene le scatole.

Fa eccezione LaPargola, che ha atteso la neve  -quella seria,abbondante e corposa- per tre anni, e ora che è arrivata, insieme ad un’insperata chiusura delle scuole, si sente molto appagata. Avrebbe preferito qualcosa di più elettrizzante, sospira però con una punta di rammarico. Tipo restare bloccata a scuola dalle apocalissi meteorologiche, magari costretta ad accamparsi alla meno peggio nelle aule. Vuoi mettere il dramma? Altro che due fiocchi. Il suo spirito d’avventura, a volte, vola sulle ali di una fantasia piuttosto catastrofica.

Il massimo dell’”excitement” sarebbe trovarsi  su un aereo diretto ad Albione che, per ragioni non specificate, dirottasse in Finlandia (o meglio ancora in Groenlandia). “ Te lo immagini?”, dice esaltata, quando l’ Indiana Jones che è in lei spicca il volo. E PI risponde che “uhm…sì,  ehm, bello…” perché se lo immagina proprio.

Il resto della famiglia, già dal giorno numero 3, non esulta per niente.  LaSorellaMedia , al contrario de LaPargola, al primo fiocco è entrata in uno stato di panico, aggravato dalle premurose telefonate giornaliere del Grande Padre che, in quanto ad ansie, è maestro dei maestri e, in quanto ad espimerle, farebbe la gioia di uno studio di ricerca psichiatrica.

Ci va giù diretto, inspirando ed espirando stille di angoscia ad ogni parola. Il Grande Padre ha il raro dono di allarmare chiunque, pure un mahatma in meditazione.  “ Ma ora come fai? Ma il Cognatochestaquà (e che però lavora là, cioè nella lontanissima Urbe) non torna? Ah torna. Omadonna e come torna? Ma stai calda? Ma puoi uscire?Ah puoi uscire. E, ma… come fai?  Ma ce n’hai da mangiare? Ma LaPorpi ha freddo? Vabbè, ci sentiamo più tardi“ . E dopo qualche ora richiama e ricomincia.

E, infatti, LaSorellaMedia, dal quel dì del primo fiocco non mai ha smesso di dire “Come faccio?” perché lei, seppur nolente, le ansie del Grande Padre le assorbe tutte come una spugna, le aggiunge alle sue e ci fa un cocktail esplosivo. Pure LaPorpi versione neve, è molto espolosiva, imbracata com’è in una serie di capi misti che culminano in una giaccona superimbottita color rosa confetto e  3cappelli3 che pare una puppazzotta di neve. Immobilizzata ma soddisfatti sima dei suoi guantini nuovi che infila negli occhi di tutti per far sì che si ammirino al giubiloso grido di “oohh, che meraviglia di guantini!”.

Dal canto loro, il Grande Padre e  LaMadre hanno optato per la reclusione. Compressi in una temperatura di 30 gradi a palla (ma la notte no, assicura il Grande Padre),premuratisi di tappare gli spifferi che, inspiegabilmente, alterano il microclima tropicale e avvolti da nubi grigio-nicotina, guardano con religiosa puntualità  tutti i telegiornali che, senza alcun riguardo per i tipi affetti da apprensività cronica,  vomitano notizie apocalittiche a getto continuo.  Al sopraggiungere del giorno 3 il Grande Padre e LaMadre hanno maturato la certezza che:

  • madonna  non ci sono più viveri nei supermercati oracomefacciamo
  • CDP è sprofondata nella neve e loro ancora no ma solo  perché abitano all’ultimo piano
  • fuori c’è il deserto delle anime
  • i vicini sono scemi perché non gliene frega niente della fine del mondo
  • The Day after era un film comico

Quando PI riesce finalmente a raggiungere l’abitazione degli ultimi sopravvissuti, le domande su com’è” lì fuori “ fioccano (se perdonate la banalità della metafora) a raffica.

“Ma, ce l’hai fatta? E come hai fatto?” domanda dispe nonché esa-sperato  il Grande Padre, aspettandosi terrificanti conferme alla tragedia che si sta consumando nel mondo esterno.

“Ma… c’è gente per le strade?” si informa LaMadre che a tendenze cataclismiche manco scherza.

Rassicurati i reclusi che sì, c’è ancora vita e che la dovrebbero smettere di ubriacarsi di sciagurate notizie mediatiche,  PI prende in consegna la lista della spesa:

  • 1 pacchetto di patatine
  • 4 budini al cioccolato
  • 3 sorbetti al limone
  • 1 kg di mele
  • 4 pacchetti di MS

Un’emergenza è un’emergenza…

Pubblicato da: pensieriinutili | gennaio 23, 2012

Tanti auguri Elisabetta!

A giugno, in occasione del compleanno di Elisabetta II, regina del Regno Unito, LaPargola e LananaIsa decidono di mandarle un biglietto di auguri.

“Secondo te, le arriva?” chiede LaPargola che ha sempre avuto molta curiosità per la signora peggio vestita del mondo. “Secondo te, si può andare a trovarla?”, “ Ma abita proprio a Buckingham Palace? Cioè, quella è proprio casa sua?”, “ma secondo te, com’è?”.

E PI, che la regina l’ha vista una volta ad Ascot, aldilà delle transenne e del suo cappellino lilla, le ha sempre risposto che sì vive proprio lì,a Buckingham Palace ma che è una persona normale, solo che non è possibile avvicinarla perché, per questioni di scurezza, ci sono le guardie. Però è normale, dice.

PI  “normalizza” sempre tutto. Altrimenti, a LaPargola potrebbero venire  complessi di “diversità” con relativi sensi di colpa e se li potrebbe portare avanti per tutta la vita e a PI potrebbero venire i sensi di colpa per i sensi di colpa causati a LaPargola e vivrebbe tutta la vita tentando di risolvere i sensi di colpa di entrambe.

Così dice sempre che tutto è “normale” anche se poi racconta di aver conosciuto il vero Babbo Natale in un grande magazzino, farnetica di magia all’apparire delle lucciole di maggio, fa progetti per la sua prossima vita e crede nelle auree che la TzìaSibilla vede sulla testa delle persone (visibili,pare, anche al telefono).  LaPargola crescerà perciò non solo con i sensi di colpa causati da goffi tentativi di non farglieli venire ma anche con la legittima convinzione di avere per madre una demente.

PI non lo sa se il biglietto di auguri arriverà alla regina perché non ha nessun elemento fondato su cui elaborare un pensiero logico e scientificamente valido e nel calcolo delle probabilità è una schiappa ma, proprio per questo, incoraggia le mini-tipe a spedirlo, chè, rassicura, poi si vedrà.

“L’indirizzo, uhm, mettiamo Buckingham Palace, va bene? Le arriva?” chiedono LananaIsa  e LaPargola che le cose le vogliono fare precise e con le dovute garanzie. “Sì certo, tanto di Buckingham Palace c’è n’è solo uno. E pure di regina Elisabetta c’è n’è solo una…”  conferma PI che, quando tutto manca, si appella alle confortanti certezze dell’oggettivo.

E finalmente gli auguri di compleanno a Sua Maestà la Regina Elisabetta di Gran Bretagna partono per il regno d’Albione nella solida certezza che quando giungeranno nell’isola, verranno recapitati a reale destinazione da un postino della Royal Mail.

E nel mentre gli auguri reali volano verso il Regno Unito, la vita scorre normale, nel senso più lato della parola. Un mese dopo, un giorno come tanti, PI si reca al piano di sopra, a casa di Peter Pan e della’Amica A.per motivi che non ricorda e trova quest’ultima e LananaIsa sedute sul bordo del letto con, in volto, un’espressione eccitatissima.

“C’è posta per noi… da Buckingham Palace” annuncia l’Amica A. in evidente stato di euforia.  “Uh?” risponde PI che, ultimamente, soffre di frequenti vuoti di memoria. Poi sposta lo sguardo su LananaIsa che stringe una lettera tra le mani e non smette di dondolarsi nervosamente sul bordo del letto.

“Ma…sei sicura?” farfuglia PI palesando con lo sguardo il sospetto che l’Amica A., per evitare una delusione alle mini-tipe, si sia presa la briga di scrivere la risposta agli auguri firmando a nome di Elisabetta.

“Sìì! E’ vero!” esclama LananaIsa, schizzando dal letto come se avesse le molle e mostra la lettera alla Diffidente che, a questo punto, deve arrendersi all’evidenza: la lettera reca l’inconfondibile stemma reale e viene proprio da Buckingham Palace. “Stiamo aspettando LaPargola per aprirla” comunica sua madre.

“A che ora esce LaPargola da scuola?” si informa quindi LananaIsa divorata dall’attesa che tenta di placare  tormentando la lettera tra le mani.

“Uhm…fra un paio d’ore. Ce la fai a resistere?” .

“Sì” mente lei. E’ solo grazie al suo piccolo grande senso di lealtà che la fregola non le esplode del tutto ma si frammenta, invece, in regolari e sistematici “quanto manca?” che scandiscono le due interminabili ore che la separano dall’ora X.

Quando, finalmente per tutti, l’orologio segna 15 minuti all’ora fatidica, PI suggerisce a LananaIsa di andare insieme a prendere LaPargola così si riducono i tempi d’attesa e pure gli effetti della nevrosi da madonna mia-la-lettera-della-regina. Si aggrega anche LananatTì che non ha spedito personalmente ma l’evento della settimana non se lo vuole perdere.

Alla vista dell’allegra brigata, LaPargola ha un attimo di smarrimento subito stroncato dalle nane che, schizzando fuori dalla macchina, le sventolano in faccia la lettera urlando “ci ha scrittooo, la regina ci ha rispostooo!!!”.

“Davvero?” dice piano e incredula LaPargola ma neanche finisce la parola che le nane, in preda ad un’incontenibile sovraeccitazione, l’hanno già spinta in macchina. Ivi, si stabilisce che l’apertura della busta avverrà secondo la legge della condivisione, cioè verrà strappato un pezzettino per una che a PI quasi le viene una crisi di nervi e per poco non gliela strappa di mano e la apre lei stà benedetta lettera.

E alla fine di uno straziante scollamento-a-turno della busta,  eccola lì, sobria ed elegante con un piccolo, discreto stemma reale, la lettera firmata a mano  dalla Lady in Waiting che ringrazia le mini-tipe per il pensiero a nome Di Sua Maestà la Regina che, scrive, ha molto gradito e apprezzato.

Morale della favola, La Press Agency di Elisabetta II, regina del Regno Unito, si è preoccupata di rispondere agli auguri di due mini-tipe, che peraltro nel regno manco ci vivono, di scrivere i loro nomi correttamente sulla  busta e di firmare a mano in segno di rispetto e di riconoscimento.

A PI, invece, in questa parte del mondo (nota per essere culla di arte e civiltà) non se la filano di striscio nemmeno, chessò, una banalissima Telecom Italia, nè un qualunque, ancor più banale, datore di lavoro a cui manda il CV, o meglio ancora un presunto professionista che le commissiona un lavoro e poi sparisce nel nulla…figuriamoci un’alta carica dello stato. PI manco ci prova. Però l’anno prossimo scriverà ad Elisabetta. Così, tanto per soddisfazione.

Pubblicato da: pensieriinutili | gennaio 11, 2012

Shopping with my sister

I tempi sono maturi. Dopo aver occhieggiato le bancarelle cinesi  del mercato di CDP per diversi sabati, LaSorellaMedia, stufa delle solite pezze (leggi capi di abbigliamento, lessico famigliare) e in vena di acquisti per la stagione, propone una sortita al villaggio Outlet di VDC.

Il villaggio Outlet è uno di quei luoghi artificiali, ricostruito a immagine e somiglianza di un borgo tosco-umbro, con gerani che adornano finti balconi di finte case. Dovunque,  negozi di pezze, scarpe, accessori  per la casa, ristoranti e bar che offrono tramezzini rinsecchiti, focaccine tristi e piadine moribonde.

Alla notizia del progetto Outlet, LaMadre, memore della recente spedizione ivi condotta con le allegre comari di Windsor (leggi amiche de LaMadre, lessico famigliare), oppone un categorico rifiuto: “all’Outlet ci andate voi” dice perentoria. E più non dimandare, chè LaMadre non usa mezzi termini.

LaPorpi, tutta tonda e tutta rosa e non ancora dotata di libero arbitrio, è, invece, inclusa nella missione. A pochi mesi dal suo arrivo nel mondo, pur essendo stata registrata con un nome vero , la tonda tonda ha meritato l’appellativo di polpetta, presto abbreviato in LaPorpi.

In quei primi mesi, preoccupata dei diritti d’autore, PI aveva fatto notare a LaSorellaMedia  che questo affettuoso nomignolo l’aveva già visto e sentito in giro per il web, ma la risposta era stata eloquente:“echissenefrega, le polpette sono la cosa più buona che ci sia e quindi lei è Polpetta (detta LaPorpi) ebbasta”.

E quindi LaPorpi è rimasta LaPorpi perché quando LaSorellaMedia comincia le frasi con “echissenefrega” c’è poco dibattito. Morale della favola, la famiglia di PI è cresciuta ed è cresciuta pure LaPargola che prima chiedeva continuamente  una sorellina e ora invece non la chiede più.

Anche lei, come LaMadre, si rifiuta di partecipare alla Missione Outlet e, per chiarire bene le intenzioni, accompagna il diniego con un’espressione di orrore e  un attacco di nausea.  La Pargola trova deprecabile (e mortalmente noioso) l’atto del comprare. E’ un raro caso di Sindrome da Acquisto Repulsivo.

Non che PI e LaSorellaMedia, o altri della famiglia (tranne il GrandePadre che però limita gli acquisti ai generi alimentari  per l’intero clan famigliare) amino molto “fare spese” ma quando si arriva alla consunzione dei tessuti e alla vittoria delle tarme sull’uomo, un rinnovo di qualche pezza si fa necessario. Se non altro per decenza..

E così, via allegramente (si fa per dire) al villaggio Outlet con LaPorpi che se la ride ignara e LaSorellaMedia che grugnisce perché ultimamente, per quanto si sforzi di non farlo, riesce ad emettere più grugniti che espressioni linguisticamente e socialmente accettabili. Parte di questa mutazione fonetica è dovuta alla convinzione di essere diventata “chiatta” (grassa, n.d.r.).

L’altra parte è dovuta alle (s)confortanti parole de LaMadre che, all’approssimarsi dell’inverno,  ha così vaticinato i destini de LaSorellaMedia: : “eehh, effettivamente…come farai quest’inverrno…tu sola…con la bambina…il cane…con il buio, il freddo, la neve…senza poter uscire…” manco LaSorellaMedia vivesse  in Siberia e fosse appena stata radiata dalla famiglia.

Con questa diciamo amenità d’animo, si raggiunge il villaggio Outlet dove, dulcis in primo, PI e LaSorellaMedia ingollano un tramezzino insapore e rinsecchito chè alla famiglia di PI non piace fare spese ma piace molto sedersi ai bar. Poi comincia il calvario dei negozi con la stessa allegria della Luciana Turina condannata a vivere nell’armadio di una taglia quaranta.

Spingendo il carrozzino di una LaPorpi molto interessata al via-vai di gente cui dispensa cordiali saluti e sorrisi, LaSorellaMedia si aggira torva tra i negozi, guardando la merce con occhio disgustato e bofonchiando uggiosi commenti di schifo.

“Mi viene da vomitare” è quello più ricorrente, non solo rispetto alla miseranda scelta del vestiario in offerta ma in generale, a tutto ciò che da qualche mese a questa parte circonda la tipa chiatta in attesa di ibernazione.

All’ennesimo annuncio di vomito, PI programma il successivo Shopping with my sister al giorno dopo quello del Giudizio e adocchia un paio di pantaloni interessanti.  Pantaloni classici (cioè uno  nero e uno grigio) e comodi, tanto cercati, con annesse magliette che fanno “pantano” (leggi pandan o pendant o semplicemente abbinamento) che vanno benissimo e stanno benissimo a chiatte e non chiatte e, fortuna delle fortune, saltano fuori altre 2 o tre pezzette che pure non fanno proprio schifo,vero? sìssì verissimo, e si possono perfino acquistare.

Quindi, con LaPorpi che rosicchia i  pantaloni tanto cercati, strascicando lembi di pezze al suolo,  le due pseudo-shoppers raggiungono le casse dove scaraventano i tanto sudati acquisti chè la giornata non è proprio delle più ilari.

La commessa raccoglie, stacca cartellini e siluri anti-furto, imbusta e poi dice:” l’intimo è a parte”. L’intimo? Quale intimo?, chiedono PI e LaSorellaMedia all’unisono, ripassando velocemente le pezze scelte e non riconoscendo indumenti classificabili come intimo. Al quesito, l’annoiata commessa, solleva i pantaloni classici e comodi e la maglietta uguale (che perciò faceva pantano) e informa le acquirenti (e il resto della fila) che quello è l’intimo. I pantaloni tanto cercati sono pigiami.

Pigiami?” si scandalizzano PI e la sosia della Turina, “ma come ma…si vendono sottane per vestiti e filini anali per mutande e due normalissimi e comodi pantaloni sono pigiami? Mica c’è scritto che  sono intimo!”.

 “Echissenefrega” conclude autorevole LaSorellaMedia “noi tanto ce li mettiamo come pantaloni!” manco la commessa avesse minacciato la fustigazione a chi avesse indossato il benedetto intimo per altri scopi.“Infatti”rincara agguerrita PI rivolgendosi platealmente all’intera fila  “noi ce li mettiamo come pantaloni normali anche perché noi come pigiami usiamo le magliette. Mai comprati un pigiama o una camicia da notte, NOI.”

Emesso il proclama ad una platea indifferente e anche un po’ stufa dell’attesa, e ad una commessa che cosa vuoi che gliene freghi delle abitudini vestiarie di due clienti per caso , PI e LaSorellaMedia pagano con aria di sufficienza, di chi se ne sbatte della moda chè ci sono-cose-benpiùimportanti-a-cui-pensare-tzè, e escono dal negozio rimpolpando l’onta subita (non si sa bene da chi) con ulteriori  sbuffi, commenti e ‘tacci loro.

Con questo spirito battagliero e niente polemico le shoppers raggiungono quindi  il parcheggio dove si dividono l’espletamento delle  funzioni tipiche di un viaggio con una Laporpi e che si svolgono generalmente così:

1. PI prova a chiudere il carrozzino senza riuscirci nonostante le pazienti spiegazioni-istruzioni-mimiche e dimostrazoni pratiche ricevute all’infinito da LaSorellaMedia che, quindi, rassegnata,dice: “vabbèvà, FACCIO IO”.

2. PI siede LaPorpi nel sediolino cercando di evitare che sbatta la testa sul tetto.

3. Laporpi sbatte la testa sul tetto.

4. LaSorellaMedia dice “eh noo, poverina! Un’altra volta?”

5. LaPorpi non piange e non si lamenta ma guarda entrambe con espressione stupita.

6.PI dà a LaPorpi il giochino-della-macchina che dopo un secondo vola al suolo.

7. LaSorellaMedia ri-dà a LaPorpi il giochino-della-macchina che, tosto, ri-vola.

8. PI e LaSorellaMedia si arrendono e salgono in macchina.

9.LaSorellaMedia dice che LaPorpi tanto-ora- si addormenta- vedrai- è l’ora, svieneproprio.

LaPorpi, al ritmo di  bella-bella…bellàà e altri esercizi fonici, si sganascia per tutto il viaggio di ritorno.

Pubblicato da: pensieriinutili | dicembre 23, 2011

Addobbi natalizi

E, mi raccomando, non cominciare a infilare decorazioni dappertutto chè poi sposti cose e io non trovo più niente e non ci possiamo più muovere. E poi, in teoria, uno o fa l’albero o il presepe. Noi li facciamo tutti e due evabbene ma il villaggetto a fibre ottiche (almeno quello) lo metti in camera tua. Capito?”

Come tutti gli anni, LaPargola annuisce per niente convinta. Fosse per lei, a natale si dovrebbe addobbare la casa a estensione tentacolare, ricoprendo tutte le superfici, rimuovendo oggetti e utensili per fare spazio ad alberi mai grandi abbastanza e ninnoli natalizi comprati, faidate (anzi dalei o daLeNane), regalati, trovati o (goduria delle godurie) ripescati negli scarti o nella memoria.

Poco importa se per un mese si brancola alla ricerca degli oggetti e degli utensili che chissà dove sono andati a finire, si guarda la televisione di sguencio causa albero e si urtano regolarmente i ninnoli sopraccitati.

Fosse per PI, chè si ricorda che è natale sempre all’improvviso, verso il 13,14,15 dicembre e poi di nuovo verso il 16,17,18 ,fino a capitolare, cadendo dalle nuvole, il 23 , la decorazione dovrebbe invece limitarsi ad un elegante alberello con qualche fine addobbo extra sparso qui e là. Una decorazione chic ma discreta. Stile AD, per capirci, anche se, date le finanze molto poco AD, ci si accontenta pure di un qualunque  Country e Country o, peggio ancora, Casa mia.

Ma tra i due “fosse per”, vince 10 a 0 quello de LaPargola, in barba alle raccomandazioni e alle minacce. Invane e comunque mai portate a termine. O meglio, invane PERCHÈ mai portate a termine.

Hai voglia a leggere manuali sui genitori pseudo-perfetti che crescono figli felici e appagati: mai fare minacce (o promesse) che poi non riuscite a mantenere. Se non realisticamente attuabili, meglio non farle, predica il manuale, i bambini e gli adolescenti  rispondono alla consequenzialità causa-effetto. Il resto sono parole al vento.

PI fa parte di quel resto ventoso ( anzi dovrebbe aggiungere un’altra P per “parole” e diventare P&PI) e quindi si zuppa la decorazione tentacolare. A partire dal giorno dopo le raccomandazioni , quando,  sulla credenza del soggiorno, grazie ad un incauto spostamento di stereo e casse da parte di PI, appare un piccolo centro rurale, definito, in gergo, presepe.

L’insediamento  avviene nella migliore tradizione LaPargolesca: in assoluto silenzio, con poche, fugaci apparizioni, un’espressione vaga stampata in viso e, soprattutto, senza alcuna consultazione con la fanatica dell’addobbo morigerato-ma-di-classe.

Tanto che PI dubita che la conversazione sulle invasioni decorative sia effettivamente avvenuta. Forse no, forse era quella dell’anno scorso (tanto che cambia), visto che ora, terminata la sistemazione del presepe, un (delizioso, non c’è che dire)  villaggetto a fibre ottiche e una LaPargola riflessiva si aggirano per casa alla ricerca di un posto papabile. L’occhio (e la fibra ottica) cadono prima in soggiorno, dove nottetempo è cresciuto pure l’albero, poi in cucina.

Dove lo metto?”, domanda LaPargola con fare e tono parecchio generici, per nulla scomposta dal vento delle parole della madre-arredatrice e lontana mille metri mentali dal collocarlo in camera sua.

Ma non avevamo detto in camera tua??” ruggisce PI, sbuffando, spolverando (ma sì!) e liberando al contempo uno spazio (vitale!) di un mobile della cucina per accomodare il villaggetto.

Ma qui non c’è la spina…” osserva delusa LaPargola.

Si che c’è!” ri-ruggisce PI mentre scosta molto (ma molto) faticosamente 30 chili di credenza dal muro e si ingegna per infilare  la spina attraverso una minuscola  fessura praticata sul retro.

Ah, bene”, dice sollevata LaPargola mentre PI con la faccia schiacciata sul muro, lotta con il filo, la spina, la fessura e l’inconfutabilità della sua incoerenza.

PI ne è sicura più  che mai: i manuali per i genitori li scrivono gli zii.

E allora pazienza anche quest’anno e  BUON NATALE sempre e comunque 🙂

Pubblicato da: pensieriinutili | dicembre 17, 2011

Pensieri molto inutili su: La nebbia

Se si nasce allo spacco del sole sotto un cielo blu che più blu non si può, ci si abitua mai alla nebbia? No, dice. Impossibile. La nebbia occulta, è fredda, il sole invece scalda, rivela.  Eppure quella coltre biancastra e spumosa esercita un certo fascino. Anche su chi per nascita, il giallo e il blu ce li ha sotto la pelle.

Mammachenebbione!, è  il primo pensiero (inutile) di PI all’alba del decimo-undicesimo giorno nella nuova casa quando dalla finestra vede una nuvola bassa, umida e velata nella quale distingue ombre di alberi, campi e chissà che altro essere in giro per la campagna alle 6 del mattino. Su questi esseri, però, PI decide che è meglio non indagare vista la recente “battuta del cinghiale” dai risultati parecchio inferiori alle previsioni.

La nebbia, uno dei motivi per cui PI non potrebbe mai vivere in Padania. Dice, ma allora Albione? Non è avvolta nella nebbia 10 mesi all’anno? Come hai fatto a viverci? Veramente no. Memoria labile permettendo, tutto questo fumo di Londra che avvolge la città in un’impenetrabilecortina, PI non se lo ricorda. E, insomma, hai voglia a contraddire con dati cinematografici alla mano, la nebbia non è cosa che si dimentica facilmente. Non a caso PI quella di Milano se la ricorda.  Si ricorda di quando, un sacco di anni fa, una mattina aprì la finestra e vide una massa densa e grigina e nulla più. E si ricorda che disse: “Oddio” e basta.

Certo, occultare, occulta. Mica facile guidare nel buio bianco-spuma tra macchine, umani e paesaggi che appaiono e scompaiono nel nulla. Ma il fascino della nebbia è proprio quello: la rivelazione improvvisa.

PI e LaPargola percorrono la strada ovattata che da casa porta al paese alto (dirette alla stazione dove LaPargola prende il treno per andare a scuola), circondate da una valle che non c’è.  E’ un percorso sfocato, quasi surreale; ogni tanto spuntano le forme stilizzate di un tetto, un gruppo di case, una macchia di alberi. Sopra di loro, all’altezza del cielo ma così vicina che quasi si tocca, un’enorme sfera giallo opaco che potrebbe essere la luna e invece è il sole appannato.

Da quando si è trasferita nella nuova casa PI questa strada l’ha fatta quasi tutte le mattine ma ogni volta è presa alla sprovvista perché non sa mai quando succederà. Ma succede ogni volta: all’improvviso, lei e LaPargola escono dalla coltre e, come per incanto, si ritrovano nel mondo degli umani, sovrastate da un cielo blu che sembra finto tanto è blu e da un sole giallo inverno. Ogni volta che avviene la rivelazione, PI ha un sussulto e la sensazione di essere capitata a Brigadoon, il villaggio che appare un solo giorno ogni cento anni.

La sua Brigadoon è un piccolo paesino di antichissime-tra-le-più-antiche origini etrusche, dal sapore di ribollita e cinghiale in umido, che si affaccia su una valle nascosta tra le curve della strada. E’, forse per questo, una valle sfacciata, consapevole della sua bellezza che rivela piano piano fino a sorprenderti con la grandezza della sua bucolica eleganza.

Niente a che vedere con la vera Brigadoon insomma, ma tanto PI ci ricascherà anche domani…

 

 

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